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sexta-feira, 20 de abril de 2018

Il Museo Archeologico Provinciale dell'Agro Nocerino. - O Museu Arqueológico Provincial do Agro Nocerino. - The Provincial Archaeological Museum of the Agro Nocerino. --- collaborazione: Samanta Romano

Il Museo è ospitato, dal luglio del 1965, all’interno del Convento di Sant’Antonio sorto nella seconda metà del XIII secolo come convento francescano, voluto e portato a compimento dalla famiglia dei Filangieri. Nel 1989 furono rimessi in luce i dipinti che ornano la volta della sala che ospita il settore delle necropoli, cosiddetta “sala della congiura” perché la tradizione vuole che qui si riunirono i cardinali per congiurare contro Urbano VI nel 1385.

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Museo Archeologico dell'Agro Nocerino


La maggior parte della documentazione esposta proviene dagli scavi condotti dalla Direzione dei Musei Provinciali di Salerno dal 1957 in poi, sia nel centro urbano dell’antica

Nuceria (attuale Nocera Superiore) che nelle sue necropoli a cui si aggiungono raccolte private come quella delle famiglie Pisani e Bove e quelle di enti locali come il Comune di Angri.

La visita del Museo Archeologico Provinciale dell’Agro Nocerino non segue, per problemi di spazio, un percorso cronologico e dunque sono i reperti ad adeguarsi ai vani espositivi, talvolta ricavati, come il piccolo vano Lapidario, addirittura lungo una breve scala. Il percorso che si descrive a grandi linee, soffermandosi su alcuni materiali oggetto di approfonditi studi, è dunque inevitabilmente discontinuo nelle datazioni dei reperti.

Partendo quindi da elementi lapidei, fra i quali particolare rilievo hanno un sarcofago paleocristiano nell’ingresso e le stele funerarie antropomorfe nel piccolo vano lapidario, si approda alla saletta con le antichità provenienti da Angri e Scafati; la Collezione Pisani indica il passaggio dalla Cultura della Valle del Sarno alla nascita di Nuceria, la cui vita è poi illustrata dalle testimonianze dei ritrovamenti in area urbana e nelle necropoli, che occupano la parte più consistente dell’esposizione.

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Lapide con iscrizione greca ΘΕΟΚΤΙCT/OC/ (fondata da un dio)


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Il museo è formato da quattro sale, precedute da un lungo corridoio d'ingresso e da una scalinata.

Nella galleria di ingresso sono conservati numerosi frammenti di ceramica vietrese rinvenuti lungo la Collina del Parco da alcuni giovani che li hanno poi consegnati al Museo. Le forme e le decorazioni rimandano alla ceramica vietrese di produzione ottocentesca che ha avuto una diffusione sicuramente a livello regionale, nell'ambito del vasellame da cucina.



Alcune riportano simboli religiosi, quale quello francescano (dato che il convento di Sant'Andrea era di cappuccini), indicato da una croce su un monticello, sicuramente il Golgota, con ai lati le lettere S e F (San Francesco) e dai chiodi del martirio di Cristo infilzati nel terreno. Vi sono inoltre numerose anforette a nastro e lucerne del tipo "cuollomozzo", caratterizzate da un gambo modanato e da due anse ripiegate, mancanti, simili a braccia umane che conferiscono un aspetto antropomorfizzato. Sul becco di queste lucerne ricorre il motivo apotropaico dei due grandi occhi, poiché, nella tradizione popolare, la caduta dell'olio era considerata un cattivo presagio.



Di un certo rilievo sono "piatti piccioli", inusuali nella tipologia locale e realizzati appositamente per gli equipaggi delle navi, avendo un tipo di fondo che consentiva una presa ferma ai naviganti durante gli ondeggiamenti del mare. Sono decorati da una spirale in manganese che parte dal centro della ciotola ed è coronata esternamente da una linea serpentina e da fasce concentriche gialle e verdi presso l'orlo e sulla tesa.



Presenti anche un esemplare di zuppiera, dall'orlo modanato che permette il suo inserimento sul vassoio e molti piatti da mensa con uguale decorazione sui bordi, caratterizzata da una fascia verde con motivo a reticolato in bruno. Oltre a questi, vi sono piatti con decorazioni particolari, come ad esempio quelli con un teschio con le ossa incrociate sul retro che rimanda alla tradizione religiosa francescana.



Vi sono custoditi, inoltre, dei dipinti del 1979 opera di Baldassarre Fresa, che ritraggono i suoi fratelli, pionieri dell'archeologia nocerina: l'astronomo Alfonso, e don Matteo, il sacerdote. Del 1946 è l'acquerello che riproduce il complesso di Santa Maria Maggiore, che appare ancora libero dall'agglomerato edilizio che negli anni sessanta ha contrassegnato negativamente il territorio.


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Il sarcofago di III secolo con iscrizione cristiana realizzata nel VI secolo.

Il pezzo più interessante è costituito dal sarcofago romano di III secolo, riutilizzato durante il Medioevo.



Il reperto proviene dal Vescovado di Nocera. Realizzato in marmo bianco e mostra su entrambi i lati lunghi una decorazione, a rilievo sul lato principale, incisa sul retro: sul lato frontale vi sono due nikai alate di profilo (simbolo della vittoria sulla morte) che convergono verso il centro per sorreggere un clipeo che dovrebbe rappresentare l'immagine del defunto/a di cui purtroppo non rimane quasi nulla. Al di sotto del clipeo vi sono due esseri con la testa di cavallo e il corpo pisciforme, ossia i cavalli di Poseidone che vivono nel mondo sottomarino, come suggeriscono le onde stilizzate sotto di essi. Questa doppia identità indica l'appartenenza ai due mondi, terrestre e marino.



Alle estremità vi sono due figure alate stanti, ciascuna rivolta verso l'esterno, in posizione di riposo come indicato dai piedi che sono la parte meglio conservata.
Sul retro invece vi è un'iscrizione resa con la tecnica del solco triangolare in caratteri tardi di tipo capitale.



Essa è inquadrata superiormente da racemi di vite con grappoli e foglie resi a trapano e lateralmente da due candelabri accesi; si dispone su tre righi continui, interrotti al centro da una grande croce gemmata, sormontata da una piccola colomba. La scritta allude alla preghiera quale viatico per la salvezza eterna ed esprime in una forma più autonoma ed originale il rapporto personale tra anima e Dio, che sarà propria dell'alto medioevo. Il sarcofago deve essere stato riutilizzato in età tardoantica (fine del VI secolo d.C.) : il lato che prima costituiva il retro, è divenuto quello principale. 

Presenti, infine, alcune riproduzioni di monete nucerine di IV secolo a.C.

La scalinata che porta alle sale successive funge da lapidarium. Tra ceppi e capitelli in tufo grigio di Nocera interessante la presenza di una scultura della Pudicitia. La statua, realizzata in tufo, è stata ritrovata in località Lavorate di Sarno nel marzo del 1965 e risulta acefala e panneggiata. Presenta analogie con la scultura funeraria di età tardo-repubblicana e augustea e dovrebbe quindi appartenere al tipo della cosiddetta Pudicitia, usato per statue femminili iconiche e rilievi funerari.

l vano noto come Antichità di Angri e di Scafati conserva la Collezione Bove, composta da reperti di età ellenistica e romana. Donata da Andrea Bove nel 1993, contiene alcuni esemplari di ceramica daunia, vasi di tipo Gnathia (attuale Egnazia in provincia di Brindisi), risalenti al IV secolo a.C.; vasi a vernice nera (piatto, guttus, skyphos e coppetta su alto piede) e un cratere a campana a figure rosse, appartenente alla classe degli head vases, raffigura su un lato, un Erote e sull'altro, una testa femminile di profilo: il volto di donna, sia di profilo che di prospetto, è un tema iconografico molto diffuso in Italia Meridionale tra IV secolo a.C. e III secolo a.C.



Fanno parte del gruppo numerose lucerne "a becco tondo" di età imperiale romana.



La restante e più cospicua parte della collezione è costituita da un gruppo di statuette fittili raffiguranti divinità o eroi del mondo pagano (Mercurio, dio delle invenzioni, del commercio, delle strade, con caduceo e copricapo con le alette, suoi tipici attributi; Bacco, dio del vino, della gioia, del benessere fisico, coronato di pampini con tigre e Sileno; Minerva, dea della guerra e dell'intelligenza, con lancia, patera ed egida; Venere, dea dell'amore e della bellezza, con panneggio che la copre dai fianchi in giù, affiancata da un delfino cavalcato da un putto; Bes, divinità originaria del pantheion egiziano, protettore contro gli spiriti maligni, raffigurato come un nano panciuto; Ercole, eroe noto per le sue 12 fatiche, con la leontè e la clava). Oltre ad essi sono presenti tre statuette che rappresentano coppie di amanti semisdraiati su una kline, di cui una ha dinanzi alla kline una trapeza tonda su tre piedi sagomati, chiara allusione al banchetto.


Gli affreschi si datano al I secolo. Provengono da una villa romana scoperta a Scafati nel 1960 (via Martiri d'Ungheria). Si tratta di otto pannelli dipinti, nel cosiddetto III stile pompeiano: vi sono rappresentate figure di donne, rese in giallo su fondo nero, in posizione stante, quasi tutte poggianti su girali, con la mano destra che regge la veste e la sinistra piegata a sostenere la patera, piatto legato alle cerimonie sacrificali.


Vi si conservano, inoltre, una serie di steli funerarie datate intorno al I secolo.
La prima è una stele a edicola in tufo nocerino, proveniente forse da Scafati. L'edicola è incorniciata su fronte e retro da due pilastri con capitelli di tipo corinzio, mentre sul piccolo frontone sono rappresentate due colombe, simbolo di Afrodite, nell'atto di abbeverarsi ad una sorta di vasca, motivo che viene ripreso dal soggetto dell'emblema del mosaico creato da Sosos di Pergamo (II secolo a.C.), conosciuto tramite riproduzioni e imitazioni che hanno larga diffusione dal I secolo a.C. all'età imperiale. In basso, invece, è rappresentato un cinghialetto sembra arrampicarsi alla base sulla quale è rappresentato a figura intera il defunto togato: è un chiaro riferimento all'iconografia ellenistica e in particolare, rimanda alla famosa fatica di Eracle che uccide il cinghiale Erimanto e all'impresa di Meleagro, protagonista della caccia al cinghiale calidonio. Sulla parte superiore della cornice vi è un'iscrizione che rimanda chiaramente all'identità del defunto, uomo libero, probabilmente di rango senatorio.

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La galleria d'ingresso

Segue una stele di provenienza dubbia. Si tratta di un parallelepipedo, sul quale appare in bassorilievo la figura a mezzo busto della defunta di cui si sono conservate solo le caratteristiche orecchie "a vela". La testa, profondamente abrasa, acquista maggior rilievo inserendosi nell'incavo semisferico retrostante, che assume la funzione ridotta di nicchia delle stele ad edicola. Al di sotto di esso rimane una scritta, EGNATIA APAL, un nominativo che identifica il defunto. Il segnacolo è privo di tutta la parte inferiore sinistra. 

La successiva è stata ritrovata nel 1959 ad Angri, in località Satriano, sulla strada provinciale Nocera-Castellammare (sebbene sia attribuita a Scafati). La figura in altorilievo si inserisce in una nicchia e appare voltata: è una donna che con la mano destra stringe un grappolo d'uva, mentre con l'altra sorregge il lembo della veste ricolma di frutta. Per la mancanza di un'iscrizione che possa connotare la donna e la presenza di attributi particolari e allusivi e di tratti somatici stilizzati, si è ipotizzata un'allusione alla Iuno, cioè alla forza vitale della defunta, piuttosto che una rappresentazione realistica della medesima.

L'ultima stele è stata ritrovata ad Angri nel 1936, durante un intervento alla rete fognaria. Si tratta di un piccolo monumento a edicola in tufo grigio, con un busto di uomo togato (defunto) ad altorilievo, che l'iscrizione, nella parte superiore della cornice, indica come Gemel(l) us, denominazione piuttosto frequente fra gli uomini liberi. In questo caso tuttavia, dovrebbe trattarsi di un uomo di condizione servile per la mancanza di altre connotazioni toponomastiche. Il modellato, non di grande qualità, è vivacizzato nella resa della mano destra del defunto che stringe il balteus, ossia la cintura militare propria dei soldati romani.
Adiacente a questa è una saletta che contiene un cippo miliario datato al 120-121. L'opera proviene da Angri, più precisamente dal quadrivio via Murelle-via Adriana, dove è stata rinvenuta durante uno scavo per le fogne della città agli inizi degli anni cinquanta.

Esso fa riferimento al restauro della via che collegava Nuceria a Stabiae, realizzato nel 121 d.C. dall'imperatore Adriano. Esso presenta un'iscrizione all'interno di un riquadro doppiamente modanato, che inquadrare il monumento nell'epoca della tribunizia potestas.

Dai lavori di restauro sono emersi, al di sotto di questa sala, gli antichi scolatoi del convento, i sedili nei quali i monaci ponevano i confratelli morti in attesa che perdessero i liquidi.


Qui sono presenti anche reperti vascolari e bronzei pertinenti alla Cultura delle tombe a fosse della valle del Sarno. Si data al I secolo l'Athena promachos (combattente). La statua è stata rinvenuta nel 1958 presso il teatro ellenistico-romano di Pareti, a Nocera Superiore, in un'esedra addossata al muro di fortificazione. Essa ha ricevuto un cattivo restauro da parte della soprintendenza per recuperare l'elmo e parte del braccio destro, cosa che ne ha alterato le proporzioni.

Si erge su una base quadrangolare, sulla quale è presente un'iscrizione, che permette di ipotizzare che sia stata donata ai nocerini da Marius Salvius Otho, secondo marito di Poppea Sabina (poi andata in sposa a Nerone). La dea è rappresentata come combattente (promachos) con l'elmo e l'egida, il famoso scudo di pelle di capra con al centro la testa di Medusa.



Essa è in posizione statica, ha la mano destra sollevata a reggere la lancia, il braccio sinistro piegato per sostenere lo scudo, la gamba destra leggermente spostata dietro e lateralmente e quella sinistra, portante, coperta completamente dal peplo, ad eccezione delle dita del piede. Si tratta di una copia di età romana che riprende modelli greci della cerchia fidiaca del V secolo a.C. Nonostante non vi sia alcuna innovazione dal punto di vista iconografico, statue come questa sono importanti perché permettono di risalire al modello antico e di ricostruire modi e stili della società romana.

In questa sala, ornata da affreschi sul soffitto, si sarebbe tenuta, nel 1385 la congiura dei cardinali contro il papa Urbano VI.


Si ascrivono al VI-V secolo a.C. un'hydria decorata da motivi geometrici fitomorfi. Un cratere a campana a figure rosse che rappresenta su un lato, tre figure e un bue e sull'altro tre giovani ammantati. Entrambe le scene sono incorniciate rispettivamente sopra e sotto da motivi a ramo di ulivo e a meandro. Esso purtroppo presenta numerose grappe di restauro in ferro.

Un cratere a calice a figure rosse che presenta da un lato, sullo sfondo di un paesaggio agreste, viene rappresentata una strana scena con a destra una colonna e una ariete, a sinistra, una donna che procede con le braccia sollevate, portando una corona e un drappo e, a destra della colonna una donna seduta che osserva attentamente un giovane dinanzi a lei, vestito di una clamide che gli svolazza alle spalle e reggente due lance; sull'altro lato è rappresentato, al centro, un tripode su un altare, decorato da una metopa che inquadra un satiro in corsa e affiancato da due giovani, recanti rispettivamente un tirso (bastone attribuito a Dioniso) e uno scettro.

La prima figurazione alluderebbe ad una scena sacrificale, mentre l'altare e il tripode nella seconda, dovrebbero rappresentare un monumento coregico, cioè un'opera eretta in onore dei coreghi, patroni degli spettacoli teatrali. Una lekythos "Pagenstecker", un vaso dal collo allungato e sottile che ha un fondo chiaro con piede e orlo delineati da fasce nere e ventre scandito in fasce decorate da motivi geometrici e vegetali.


Tra i reperti più interessanti sono degni di nota l'oinochoe con l'iscrizione in Alfabeto nucerino conservato nell'ultima sala insieme ai reperti che costituivano i corredi della necropoli di Pareti di Nocera Superiore.


Il museo ospita, infine, anche una piccola collezione epigrafica tra cui spicca un'iscrizione funeraria in alfabeto greco che cita un "maestro di grammatica greco" che ha vissuto nella città di Nuceria, definita: ΘΕΟΚΤΙCT/OC/ "fondata da un dio".


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L'oinochoe con iscrizione in alfabeto nucerino.



Vi sono conservate anche due tegole con iscrizioni in osco.

Presente anche un accenno ad una comunità ebraica presente in città nel IV secolo.


https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_archeologico_dell%27agro_nocerino













--br  via tradutor do google
O Museu Arqueológico Provincial do Agro Nocerino.

O Museu está hospedado em julho de 1965, no Convento de Santo António a partir de meados do século XIII como um convento franciscano, construído e concluído pela família Filangieri. Em 1989 eles foram trazidos à luz as pinturas que decoram o teto da sala que abriga o cemitério do setor, o chamado "centro da conspiração" porque a tradição diz que cardeais aqui reunidos para conspirar contra a Urbano VI em 1385.

A maior parte da documentação exposta vem das escavações realizadas pela Direcção dos Museus Provinciais de Salerno a partir de 1957, tanto no centro urbano da antiga

Nucera (atual Nocera Superiore) que em sua necrópole ao qual são adicionadas coleções particulares, como a das famílias Pisani e Bove e as das autoridades locais, como o Município de Angri.

A visita do Museu Arqueológico Provincial de Agro Nocerino não segue, por causa do espaço, um caminho cronológica e por isso são os resultados para se adaptar às salas de exposições, às vezes extraídos, como o pequeno Lapidação compartimento, até mesmo uma pequena escada. O caminho que é amplamente descrito, insistindo em alguns materiais sujeitos a estudos aprofundados, é, portanto, inevitavelmente descontínuo na datação dos achados.

Começando em seguida, a partir dos elementos de pedra, entre os quais uma importância particular têm um sarcófago cristã primitiva entrada e lápides antropomórfica na pequena lapidar compartimento, ele chega ao quarto com a antiguidade de Angri e Scafati; Coleção Pisani indica a transição de Cultura do vale do Sarno ao nascimento de Nuceria, cuja vida é então ilustrado pelos testemunhos das descobertas na área urbana e nos cemitérios, que ocupam a maior parte da exposição.

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O museu é composto por quatro salas, precedidas por um longo corredor de entrada e uma escada.

Na galeria de entrada há numerosos fragmentos de cerâmica Vietri encontrados ao longo da Colina do Parque por alguns jovens que os entregaram ao Museu. As formas e decorações referem-se à cerâmica Vietri da produção do século XIX, que certamente teve uma difusão regional, no contexto dos utensílios de cozinha.


Alguns trazem símbolos religiosos, como o franciscano (como o mosteiro de St. Andrew foi Capuchinhos), indicado por uma cruz em um monte, certamente Gólgota, ladeado pelas letras S e F (São Francisco) e unhas martírio de Cristo empalado no chão. Há também inúmeros anforas de fita e lâmpadas como "cuollomozzo", caracterizado por uma haste moldados e duas saliências dobradas, falta, semelhantes aos braços humanos que lhe dão uma aparência antropomórficas. No bico dessas lâmpadas, o motivo apotropaico dos dois grandes olhos ocorre, pois, na tradição popular, a queda do óleo era considerada um mau presságio.

De certa importância são "pecíolos planos", incomuns no tipo local e feitos especificamente para as tripulações dos navios, tendo um tipo de fundo que permitiu um aperto firme aos marinheiros durante o balanço do mar. Eles são decorados com uma espiral de manganês que começa no centro da tigela e é coroada externamente por uma linha serpentina e faixas amarelas e verdes concêntricas na borda e na borda.

Também estavam presentes um espécime da taça, moldado a partir da borda que permite a sua inserção sobre a bandeja e muitos pratos da mesa com a mesma decoração sobre os bordos, caracterizada por uma banda verde com padrão de grade em castanho. Além destes, há pratos com decorações especiais, como aqueles com uma caveira com ossos cruzados nas costas que se refere à tradição religiosa franciscana.



Aqui se encontra também as pinturas de 1979 por cortador de Baldassarre, retratando seus irmãos, pioneiros da arqueologia Nocerina: astrónomo Alfonso, e Don Matteo, o sacerdote. De 1946 é a aquarela que reproduz o complexo de Santa Maria Maggiore, que ainda parece livre do edifício de aglomeração que nos anos sessenta marcou negativamente o território.

A peça mais interessante é o sarcófago romano do século III, reutilizado durante a Idade Média.



A descoberta vem do Bispado de Nocera. Feito de mármore branco e mostra em ambos os lados longos a decoração, em relevo no lado primário, gravado na parte de trás: na parte da frente há dois Nikai perfil voada (símbolo da vitória sobre a morte) que convergem em direção ao centro para apoiar um medalhão que deveria representar a imagem do falecido / a da qual infelizmente permanece quase nada. Abaixo do clipeo estão dois seres com cabeça de cavalo e o corpo pisciforme, os cavalos Poseidon que vivem no mundo subaquático, como as ondas estilizadas sugerem embaixo deles. Essa identidade dual indica a pertença aos dois mundos, terrestre e marinho.


Nas extremidades há duas figuras aladas de pé, cada uma virada para fora, em posição de repouso, conforme indicado pelos pés, que são a parte mais bem preservada.
Na parte de trás há uma inscrição feita com a técnica do sulco triangular em caracteres do tipo capital tardio.



É emoldurado por racemos de vinha com cachos e folhas feitas broca e lateralmente por dois candelabros acesos; está disposta em três linhas contínuas, interrompidas no meio por uma grande cruz gemeada, encimada por uma pequena pomba. A inscrição faz alusão à oração como um viático para a salvação eterna e expressa de forma mais autônoma e original a relação pessoal entre alma e Deus, que será típica do início da Idade Média. O sarcófago deve ter sido reutilizado na antiguidade tardia (final do século 6 dC): o lado que anteriormente constituía o dorso, tornou-se o principal.

Apresentar, finalmente, algumas reproduções de moedas de nuceroína do século IV aC.

A escadaria que leva aos quartos seguintes serve como lapidário. Entre os tocos e capitais em tufo cinzento de Nocera interessante a presença de uma escultura de Pudicitia. A estátua, feita de tufo, foi encontrada na localidade de Lavorate di Sarno, em março de 1965, e é acéfala e drapeada. Tem semelhanças com a escultura funerária da era do final do período republicano e augustiano e deve, portanto, pertencer ao chamado tipo Pudicitia, usado para icônicas estátuas femininas e relevos funerários.

A sala conhecida como Antiguidades de Angri e Scafati preserva a Coleção Bove, composta de achados dos períodos helenístico e romano. Doada por Andrea Bove em 1993, contém alguns exemplos de cerâmica daunia, vasos Gnathia (atual Egnazia na província de Brindisi), que remonta ao século IV aC; Vasos em tinta preta (chata, guttus, skyphos e taça em pé alto) e uma cratera em forma de sino, pertencente à classe dos vasos da cabeça, retratam de um lado um Erote e do outro uma cabeça feminina de perfil: o rosto de uma mulher, tanto em perfil quanto em perspectiva, é um tema iconográfico muito comum no sul da Itália entre o século IV aC e século III a.C.

O grupo inclui numerosas lamparinas "de bico redondo" da era imperial romana.

A parte restante e mais visível da coleção é composta por um grupo de estátuas de barro que retratam deuses ou heróis do mundo pagão (Mercúrio, o deus da invenções, comércio, estradas, com caduceu e chapéus com as abas, seus atributos típicos; Baco, deus do vinho, alegria, aptidão física, coroada com folhas da videira com tigre e Sileno; Minerva, deusa da guerra e inteligência, com a lança, e patera égide; Vênus, deusa do amor e da beleza, com cortinas que cobre a partir dos quadris para baixo, ladeado por um golfinho montado a partir de um putto; Bes, divindade original do Pántheion egípcio, protetor contra os maus espíritos, retratado como um barrigudo anão; herói Hércules, conhecido por seus 12 trabalhos, com a pele de leão e bastão). Além deles, há três pares de figuras que representam os amantes semisdraiati em um Kline, um dos quais tem uma rodada antes do Kline trapeza em três pés em forma, uma clara alusão ao banquete.


Os afrescos remontam ao primeiro século. Eles vêm de uma villa romana descoberta em Scafati em 1960 (via Martiri d'Ungheria). É oito painéis pintados, o chamado III estilo Pompeian: Figuras lá das mulheres são representados, rendido em amarelo no preto, na posição de pé, quase todos descansando em pergaminhos, com a mão direita segurando o robe e deixou dobrado apoiando a patera, um prato ligado a cerimônias de sacrifício.


Há também uma série de estelas funerárias datadas do primeiro século.
O primeiro é uma estela de nicho em nocerino tufo, talvez vindo de Scafati. O santuário está rodeado frente e para trás por duas pilastras com capitéis coríntios, enquanto o pequeno frontão mostra duas pombas, símbolo de Aphrodite, no ato de beber um tipo de banho, razão pela qual é retirado o tema " emblema do mosaico criado por Sosos di Pergamo (século 2 aC), conhecido através de reproduções e imitações que se espalharam amplamente desde o século I aC na era imperial. No lado negativo, no entanto, é representado um javali parece subir para a base sobre a qual é representada na figura toda a togato falecido: é uma clara referência à iconografia helenística e, em particular, refere-se ao famoso trabalho de Hércules matando o Javali de Erimanto e todos ' empreendimento de Meleagro, protagonista da caça do javali calydoniano. No topo da moldura há uma inscrição que se refere claramente à identidade do falecido, um homem livre, provavelmente de posição senatorial.


A seguir, uma estela de proveniência duvidosa. É um paralelepípedo, em que aparece em baixo-relevo a figura metade do comprimento do falecido dos quais apenas as "características ouvidos vela são preservados". A cabeça, profundamente desgastada, ganha mais importância ao se inserir na cavidade semi-esférica por trás dela, que assume a função reduzida de nicho das barracas no quiosque. Abaixo fica escrito, EGNATIA APAL, um nome que identifica o falecido. O sinal é desprovido de todo o canto inferior esquerdo.

O seguinte foi encontrado em 1959 em Angri, na cidade Satriano, na estrada Nocera-Castellammare (embora atribuída a Scafati). A figura em alto-relevo é inserida em um nicho e aparece virada: é uma mulher que com a mão direita segura um cacho de uvas, enquanto com a outra segura a aba de sua roupa cheia de frutas. Para a falta de uma inscrição que pode conotar a mulher e a presença de traços particulares e sugestivas e somáticos atributos estilizados, tem sido sugerido uma alusão ao Iuno, ou seja, a força da vida do falecido, em vez de uma representação realista do mesmo.

A última estela foi encontrada em Angri em 1936, durante uma intervenção no sistema de esgoto. É um pequeno monumento em bancas de tufo cinza, com um busto do homem de túnica (falecido) em alto relevo, a inscrição no topo do quadro, mostra como Gemel (l) nós, nomeando bastante comum entre os homens livres . Neste caso, entretanto, deve ser um homem de condição servil devido à falta de outras conotações toponímicas. O modelo, não de grande qualidade, é animado na rendição da mão direita do falecido que segura o balteus, ou o cinturão militar dos soldados romanos.
Adjacente a esta é uma pequena sala contendo um marco que remonta a 120-121. O trabalho vem de Angri, mais precisamente da encruzilhada via Murelle-via Adriana, onde foi encontrado durante uma escavação dos esgotos da cidade no início dos anos cinquenta.

Refere-se à restauração da estrada que ligava Nuceria a Stabiae, construída em 121 dC. pelo imperador Adriano. Apresenta uma inscrição dentro de uma praça duplamente moldada, que enquadra o monumento na época da tribunizia potestas.

Por baixo desta sala, os antigos esboços do convento surgiram do trabalho de restauração, os assentos em que os monges colocaram seus irmãos mortos esperando que eles perdessem seus líquidos.

Aqui também há descobertas vasculares e de bronze pertinentes à cultura das tumbas do vale de Sarno. O Athena promachos (lutador) é datado do primeiro século. A estátua foi encontrada em 1958 no teatro helenístico-romano de Pareti, em Nocera Superiore, em uma exedra encostada no muro da fortificação. Ele recebeu uma má restauração pelo superintendente para recuperar o capacete e parte do braço direito, que alterou suas proporções.

Ele está em uma base quadrangular, na qual há uma inscrição, o que nos permite supor que foi doado aos nocerinos por Marius Salvius Otho, segundo marido de Poppea Sabina (mais tarde casado com Nero). A deusa é representada como um lutador (promachos) com o capacete e a égide, o famoso escudo de pele de cabra com a cabeça de Medusa no meio.


Ele está em uma posição estática, tem a mão direita levantada para segurar a lança, o braço esquerdo dobrado para apoiar o escudo, a perna direita ligeiramente para trás e para os lados e a esquerda, sustentada, completamente coberta pelo peplum, com exceção dos dedos . É uma cópia da era romana que incorpora modelos gregos do círculo fidiacal do século V aC. Embora não haja inovação iconográfica, estátuas como essa são importantes porque nos permitem traçar o modelo antigo e reconstruir os modos e estilos da sociedade romana.

Nesta sala, decorada com afrescos no teto, a conspiração dos cardeais contra o papa Urbano VI seria realizada em 1385.

Eles são atribuídos ao século V-V aC uma árvore decorada com motivos geomà © tricos fitomorfos. Uma cratera de sino de figura vermelha representando de um lado três figuras e um boi e do outro três jovens de capa. Ambas as cenas são enquadradas respectivamente acima e abaixo por ramos de oliveira e motivos sinuosos. Infelizmente, apresenta numerosos grappas de restauração de ferro.

Uma cratera calyxed de figura vermelha que se apresenta de um lado, no contexto de uma paisagem rural, é representada uma cena estranha com à direita uma coluna e um carneiro, à esquerda, uma mulher que prossegue com os braços levantados, usando uma coroa e uma cortina e, à direita da coluna, uma mulher sentada observando cuidadosamente uma jovem à sua frente, vestida em um coro que voa atrás dele e segurando duas lanças; do outro lado está representada, no centro, um tripé sobre um altar, decorado por uma metope que emoldura um sátiro na corrida e flanqueada por dois jovens carregando um tirso (bastão atribuído a Dionísio) e um cetro, respectivamente.

A primeira figuração aludiria a uma cena sacrificial, enquanto o altar e o tripé na segunda representariam um monumento corriqueiro, obra erguida em homenagem aos coregianos, patronos de espetáculos teatrais. Um lekythos "Pagenstecker", um vaso com um pescoço fino e alongado que tem um fundo claro com um pé e uma bainha delineada por bandas pretas e abdômen pontuado em bandas decoradas com motivos geométricos e vegetais.

Entre os achados mais interessantes estão o oinochoe com a inscrição em Alfabeto nucerino preservada na última sala junto com os achados que constituíram as roupas da necrópole de Pareti di Nocera Superiore.

O museu tem, finalmente, uma pequena coleção entre os quais inscrição funerária epigráfica no alfabeto grego citando um "professor de gramática grego" que viveu na cidade de Nuceria, definido: ΘΕΟΚΤΙCT / OC / "fundada por um deus" .

Há também duas peças com inscrições no Oscan.

Também apresenta uma referência a uma comunidade judaica presente na cidade no século IV.


https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_archeologico_dell%27agro_nocerino





--in via tradutor do google

The Provincial Archaeological Museum of the Agro Nocerino.

The Museum is housed, since July 1965, inside the Convent of St. Anthony built in the second half of the thirteenth century as a Franciscan convent, wanted and brought to completion by the Filangieri family. In 1989 the paintings that adorn the vault of the room that houses the necropolis sector, so-called "hall of the conspiracy" were brought to light because tradition has it that the cardinals gathered here to plead against Urban VI in 1385.


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Archaeological Museum of the Agro Nocerino



The majority of the exhibited documentation comes from the excavations conducted by the Directorate of the Provincial Museums of Salerno from 1957 onwards, both in the urban center of the ancient

Nuceria (current Nocera Superiore) that in its necropolis to which are added private collections such as that of the Pisani and Bove families and those of local authorities such as the Municipality of Angri.

The visit to the Provincial Archaeological Museum of the Agro Nocerino does not follow a chronological path, due to space problems, and therefore the finds are adapted to the exhibition spaces, sometimes obtained, like the small Lapidary vault, even along a short staircase. The path that is broadly described, dwelling on some materials subject to in-depth studies, is therefore inevitably discontinuous in the dating of the finds.

Starting from stone elements, among which particular relief have a paleochristian sarcophagus in the entrance and the anthropomorphic funeral stelae in the small lapidary compartment, we arrive at the room with the antiquities coming from Angri and Scafati; the Pisani Collection indicates the passage from the culture of the Valle del Sarno to the birth of Nuceria, whose life is then illustrated by the testimonies of the findings in the urban area and in the necropolis, which occupy the most substantial part of the exhibition.


Gravestone with Greek inscription ΘΕΟΚΤΙCT / OC / (founded by a god)


The museum consists of four rooms, preceded by a long entrance corridor and a staircase.

In the entrance gallery there are numerous fragments of Vietri ceramics found along the Hill of the Park by some young people who have then delivered them to the Museum. The shapes and decorations refer to the Vietri ceramic of nineteenth-century production that has certainly had a regional spread, in the context of the kitchenware.

Some have religious symbols, such as the Franciscan one (since the convent of Sant'Andrea was of Capuchins), indicated by a cross on a mound, certainly the Golgotha, with on its sides the letters S and F (San Francesco) and the nails of martyrdom of Christ impaled in the ground. There are also numerous taped amphorae and "cuollomozzo" type oil lamps, characterized by a molded shank and two folded, missing handles, similar to human arms that give an anthropomorphized appearance. On the beak of these lamps the apotropaic motif of the two large eyes occurs, since, in the popular tradition, the fall of the oil was considered a bad omen.

Of some importance are "flat petioles", unusual in the local type and made specifically for the crews of the ships, having a type of bottom that allowed a firm grip to the sailors during the swaying of the sea. They are decorated with a manganese spiral that starts from the center of the bowl and is crowned externally by a serpentine line and concentric yellow and green bands at the edge and on the brim.

Also present a sample of soup tureen, from the molded edge that allows its insertion on the tray and many tableware plates with the same decoration on the edges, characterized by a green band with brown cross-linked pattern. In addition to these, there are dishes with special decorations, such as those with a skull with crossed bones on the back that refers to the Franciscan religious tradition.

There are also kept paintings of 1979 by Baldassarre Fresa, who portray his brothers, pioneers of the nocerina archeology: the astronomer Alfonso, and Don Matteo, the priest. Of 1946 is the watercolor that reproduces the complex of Santa Maria Maggiore, which still appears free from the agglomeration building that in the sixties has negatively marked the territory.




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The entrance gallery







The most interesting piece is the III century Roman sarcophagus, reused during the Middle Ages.

The find comes from the Bishopric of Nocera. Made of white marble and shows on both sides a decoration, in relief on the main side, engraved on the back: on the front side there are two winged nikai in profile (symbol of victory over death) that converge towards the center to support a clipeo that should represent the image of the deceased / a of which unfortunately remains almost nothing. Below the clipeo are two horse-headed beings and the pisciform body, the Poseidon horses living in the underwater world, as stylized waves suggest underneath them. This dual identity indicates the belonging to the two worlds, terrestrial and marine.

At the ends there are two winged figures standing, each facing outwards, in a resting position as indicated by the feet which are the best preserved part.
On the back, on the other hand, there is an inscription made with the technique of the triangular groove in late capital-type characters

It is framed above by vine racemes with bunches and leaves made drill and laterally by two lit candelabra; it is arranged on three continuous lines, interrupted in the middle by a large gemmed cross, surmounted by a small dove. The inscription alludes to prayer as a viaticum for eternal salvation and expresses in a more autonomous and original form the personal relationship between soul and God, which will be typical of the early Middle Ages. The sarcophagus must have been reused in late antiquity (end of the 6th century AD): the side that previously constituted the back, became the main one.

Present, finally, some reproductions of nuceroine coins of the fourth century BC.

The staircase leading to the next rooms serves as a lapidarium. Among the stumps and capitals in gray tuff of Nocera interesting the presence of a sculpture of Pudicitia. The statue, made of tuff, was found in the locality of Lavorate di Sarno in March 1965 and is acephalous and draped. It has similarities with the funerary sculpture of late-republican and augustian age and should therefore belong to the so-called Pudicitia type, used for iconic female statues and funerary reliefs.

The room known as the Antiquities of Angri and Scafati preserves the Bove Collection, made up of finds from the Hellenistic and Roman periods. Donated by Andrea Bove in 1993, it contains some examples of daunia pottery, Gnathia vases (current Egnazia in the province of Brindisi), dating back to the 4th century BC .; vases in black paint (flat, guttus, skyphos and cup on high foot) and a red-figure bell crater, belonging to the class of the head vases, depicts on one side, an Erote and on the other, a female head in profile: the face of a woman, both in profile and perspective, is an iconographic theme very common in Southern Italy between the fourth century BC and III century a.C.

The group includes numerous "round-billed" oil lamps of the Roman imperial age.

The remaining and most conspicuous part of the collection consists of a group of fictitious statuettes depicting deities or heroes of the pagan world (Mercury, god of inventions, of commerce, of streets, with caduceus and headdress with wings, its typical attributes; god of wine, of joy, of physical wellbeing, crowned with vines with tiger and Silenus, Minerva, goddess of war and intelligence, with spear, patera and egida, Venus, goddess of love and beauty, with drapery that It covers from the sides down, flanked by a dolphin ridden by a putto, Bes, divinity native to the Egyptian pantheion, protector against evil spirits, depicted as a pot-bellied dwarf, Hercules, hero known for his 12 labors, with leontè and club). In addition to these there are three statuettes representing pairs of lovers who are semi-reclining on a kline, one of which has a round trapeze in front of the kline on three shaped feet, a clear allusion to the banquet.

The frescoes date back to the first century. They come from a Roman villa discovered in Scafati in 1960 (via Martiri d'Ungheria). These are eight painted panels, in the so-called Pompeian style III: there are represented figures of women, rendered in yellow on a black background, in a standing position, almost all resting on turntables, with the right hand holding the dress and the left bent to supporting the patera, a dish tied to sacrificial ceremonies.

There are also a series of funerary stelae dated around the first century.
The first is a niche stele in nocerino tuff, perhaps coming from Scafati. The aedicula is framed on the front and back by two pillars with Corinthian capitals, while on the small pediment there are two doves, symbol of Aphrodite, in the act of drinking a sort of tub, a motif that is taken from the subject of the emblem of the mosaic created by Sosos di Pergamo (2nd century BC), known through reproductions and imitations that have spread widely since the I century BC at the imperial age. Below, on the other hand, a boar appears to climb to the base on which the deceased togato is represented: it is a clear reference to the Hellenistic iconography and in particular, refers to the famous work of Heracles which kills the boar Erimanto and enterprise of Meleagro, protagonist of the hunting of the calydonian boar. On the upper part of the frame there is an inscription that clearly refers to the identity of the deceased, a free man, probably of senatorial rank.

Following is a stele of dubious provenance. It is a parallelepiped, on which the half-length figure of the deceased appears in bas-relief, of which only the characteristic "sail" ears have been preserved. The head, deeply abraded, gains more prominence by inserting itself in the semispherical cavity behind it, which assumes the reduced niche function of the stalls at the kiosk. Below it remains a writing, EGNATIA APAL, a name that identifies the deceased. The sign is devoid of the entire lower left.

The following was found in 1959 in Angri, in Satriano, on the provincial road Nocera-Castellammare (although it is attributed to Scafati). The figure in high relief is inserted in a niche and appears turned: it is a woman who with her right hand clasps a bunch of grapes, while with the other she holds the flap of her garment filled with fruit. Because of the lack of an inscription that may connote the woman and the presence of particular and allusive attributes and stylized somatic features, an allusion to the Iuno was assumed, that is to say, the vital force of the deceased, rather than a realistic representation of the same.

The last stele was found in Angri in 1936, during an intervention in the sewage system. It is a small monument to a shrine in gray tufa, with a bust of a togate man (deceased) in high relief, that the inscription, in the upper part of the frame, indicates as Gemel (l) us, rather frequent denomination among free men . In this case, however, it should be a man of a servile condition due to the lack of other toponymical connotations. The model, not of great quality, is enlivened in the surrender of the right hand of the deceased who holds the balteus, or the military belt of the Roman soldiers.
Adjacent to this is a small room containing a milestone that dates back to 120-121. The work comes from Angri, more precisely from the crossroads via Murelle-via Adriana, where it was found during an excavation of the city's sewers in the early fifties.

It refers to the restoration of the road that connected Nuceria to Stabiae, built in 121 AD. by the emperor Hadrian. It presents an inscription inside a doubly molded square, which frames the monument in the era of the tribunizia potestas.

Underneath this room, the ancient drafts of the convent emerged from the restoration work, the seats in which the monks placed their dead brothers waiting for them to lose their liquids.

Here there are also vascular and bronze finds pertinent to the Culture of the tombs of the Sarno valley. The Athena promachos (fighter) is dated to the first century. The statue was found in 1958 at the Hellenistic-Roman theater of Pareti, in Nocera Superiore, in an exedra leaning against the fortification wall. It has received a bad restoration by the superintendent to recover the helmet and part of the right arm, which has altered its proportions.

It stands on a quadrangular base, on which there is an inscription, which allows us to hypothesize that it was donated to the nocerini by Marius Salvius Otho, second husband of Poppea Sabina (later married to Nero). The goddess is represented as a fighter (promachos) with the helmet and the aegis, the famous goat skin shield with the head of Medusa in the middle.

It is in a static position, has the right hand raised to hold the lance, the left arm bent to support the shield, the right leg slightly moved back and sideways and the left, bearing, covered completely by the peplum, with the exception of the toes . It is a copy of the Roman age that incorporates Greek models of the fidiac circle of the fifth century BC. Although there is no iconographic innovation, statues like this are important because they allow us to trace the ancient model and reconstruct the ways and styles of Roman society.

In this room, decorated with frescoes on the ceiling, the conspiracy of the cardinals against Pope Urban VI would be held in 1385.

They are ascribed to the VI-V century BC an hydria decorated with phytomorphic geometric motifs. A red-figure bell crater representing on one side, three figures and an ox and on the other three young people in a cloak. Both scenes are framed respectively above and below by olive branch and meandering motifs. Unfortunately, it presents numerous iron restoration grappas.

A red-figure calyxed crater that presents on one side, against the background of a rural landscape, is represented a strange scene with on the right a column and a ram, on the left, a woman proceeding with her arms raised, wearing a crown and a drape and, to the right of the column, a seated woman carefully observing a young woman in front of her, dressed in a chorus that flits behind him and holding two spears; on the other side is represented, in the center, a tripod on an altar, decorated by a metope that frames a satyr in the race and flanked by two young men carrying a thyrsus (stick attributed to Dionysus) and a scepter respectively.

The first figuration would allude to a sacrificial scene, while the altar and tripod in the second, should represent a coregical monument, that is a work erected in honor of the Coregians, patrons of theatrical performances. A "Pagenstecker" lekythos, a vase with an elongated, thin neck that has a light background with a foot and a hem outlined by black bands and abdomen punctuated in bands decorated with geometric and vegetal motifs.

Among the most interesting findings are the oinochoe with the inscription in Alfabeto nucerino preserved in the last room along with the finds that constituted the outfits of the necropolis of Pareti di Nocera Superiore.

Finally, the museum houses a small epigraphic collection including a funerary inscription in the Greek alphabet that mentions a "Greek grammar teacher" who lived in the city of Nuceria, defined: ΘΕΟΚΤΙCT / OC / "founded by a god" .



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The oinochoe with inscription in the Native alphabet.


There are also two tiles with inscriptions in Oscan.

Also present a reference to a Jewish community present in the city in the fourth century.


https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_archeologico_dell%27agro_nocerino







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